USA South West: too much for me?

Questo viaggio è stato un po’ diverso dai soliti che facciamo.

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In genere sono io nella coppia che ho più desiderio di vedere un luogo e che spingo per andarci, ma quest’anno, per una serie di combinazioni astrali che hanno favorito la cosa, abbiamo scelto una meta più nelle corde di Federico. Intendiamoci, non voglio dire che visitare il South West degli States non mi interessasse, ma di sicuro non era una priorità.

Avendo la necessità di fare le ferie nella seconda metà di settembre, abbiamo scelto una meta che a luglio avrei scartato per il caldo. Avevamo a disposizione due settimane e mezzo e l’itinerario che avevo pronto da un po’ calzava perfettamente; e poi, io che credo molto poco nelle coincidenze e moltissimo nei “segni” mandati dall’universo, ne avevo avuti parecchi che mi hanno convinta ad assecondare Fede.

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Infine, at last but not least, c’era una motivazione molto intima alla base della decisione di esplorare finalmente i grandi parchi americani: mio padre, che non c’è più da tanti anni ormai, era una persona che nella vita ha fatto un po’ tutto ciò che voleva e con grande passione, nonostante alcune grandissime batoste di salute che lo hanno rallentato prima e poi fermato del tutto in ultimo. Una cosa sola probabilmente avrebbe voluto fare in più rispetto a quanto ha realizzato: visitare questi luoghi, vederli di persona… Lui, grande appassionato di film western e curioso di natura, avrebbe voluto attraversare gli Stati Uniti e soffermarsi proprio in alcuni posti resi mitici dalle ambientazioni di alcuni cult movie.

Avevo voglia di farlo io per lui, e spero che attraverso i miei occhi abbia potuto godere della bellezza di quella sua Terra Promessa e, purtroppo, rimasta per lui inesplorata. 

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Quindi, date tutte queste premesse pratiche ed emotive, ho fatto bene ad assecondare tutte queste motivazioni e a fare questo viaggio? 

Sì, certamente. Ma con riserva.

Abbiamo visitato dei luoghi splendidi e che almeno una volta nella vita vanno ammirati, attraversato praterie sconfinate e canyon scavati nella roccia da fiumi impetuosi e arzigogolati, fatto un sacco di trekking e superato i nostri limiti, dormito in strutture pazzesche dentro i parchi e tante altre belle cose di cui vi parlerò poi… eppure non so se ci tornerei di nuovo.

Forse sì, forse no… Di sicuro non subito, non a breve.

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Lo scorso anno, al rientro dal viaggio nella Pacific North West Coast sarei ripartita senza neanche disfare la valigia, ma quest’anno no. Anzi.

Ho avuto molta voglia di lasciare gli Stati Uniti, di rientrare, più che in Italia, in Europa. Sì, rivolevo la mia adorata Europa. Io che amo così tanto gli States, ora mi sento satura di essi. Tutti i viaggi che mi vengono in mente ora (tra quelli già prenotati) e quelli in fase di prenotazione, non li contemplano affatto. Ci stanno ben alla larga, direi.

Tutti quei paesaggi pazzeschi, straordinari sono stati troppo. “Too much”, per me!!! Troppo vasti, troppo assolati, troppo esagerati. Sì, perché gli americani riescono ad andare oltre anche nelle bellezze naturali. Riescono a strafare anche con i panorami mozzafiato.

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Tutto quello spazio attorno a me, che non sono affatto agorafobica, e tutti quei canyon dall’altezza vertiginosa, e non soffro neppure di questa paura (che ho appena scoperto chiamarsi “acrofobia”), mi hanno fatto sentire un po’ persa e minuscola. Quasi inutile.

È un viaggio che mi rimarrà impresso per anni nella memoria, un “must go” che in ogni bucket list che si rispetti dovrebbe starci e che io posso spuntare tra le mete raggiunte, però, a dispetto di tutto questo, non so quanto cuore ci abbia lasciato. Di sicuro meno che in tanti altri posti. Ci ho lasciato gli occhi, la fatica, la meraviglia… ma il cuore no. Quello credo di essermelo riportata a casa immutato rispetto a quando sono partita.

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Le emozioni non sono mancate, sappiatelo. Non sto dicendo questo. È stata un’emozione continua, unica. 

Ho pianto tante di quelle volte che credo di aver raggiunto il livello “annuale” di lacrime pro capite e siamo solo a inizio ottobre. Ho pianto di stanchezza, di preoccupazione perché non sono stata benissimo, di gioia davanti a tramonti da film, dal troppo ridere per la mia goffaggine che mi ha fatto rischiare due cadute epiche… 

Insomma… ho pianto! E quando piango significa che mi emoziono.

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A distanza di qualche settimana dal rientro, posso dire che tutto è passato, che il viaggio è stato splendido, che i posti visitati sono molto più belli dal vivo che in fotografia o in video, che abbiamo conosciuto lungo il percorso persone carinissime con cui abbiamo condiviso alcuni trekking, o dei pasti, o semplicemente due chiacchiere nelle jacuzzi dei vari motel per rilassarci dopo giornate intense e faticose.

Tutto bello, ma meno “toccante” di altre volte. 

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È come quando mi chiedono di Venezia. Io rispondo sempre che probabilmente è la città più bella del mondo, e lo è, oggettivamente, anche ai miei occhi. Però io non la amo. Io amo Firenze, e, metaforicamente parlando, Firenze non è il South West.

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Tutto qui.

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Viaggiatrice povera, fotografa inesperta, pasticciona tecnologica, gattodipendente. Rifletto sul senso della vita e raccolgo dettagli che fanno la differenza. Ricordi, impressioni, immagini, incontri.

4 Comments

  1. Da quello che leggo mi sono fatta l’idea che tu ti sia emozionata tanto, forse anche troppo nel corso di questo viaggio. Overwhelming è il termine che mi viene in mente, ma correggimi se sbaglio. Forse anche il ricordo di tuo padre nei luoghi dove avrebbe sognato di andare, ti hanno resa più fragile… Sono cose talmente intime che non non voglio certo sindacare, è che la tua opinione è talmente fuori dal coro che è spiazzante anche per chi legge e cerco di capire 😉 Aspetto i prossimi articoli per chiarirmi le idee, ciao Elena, buona settimana.

    1. È stato super emozionante, altroché… Solo è un’America troppo America. Un viaggio da fare una volta nella vita ma, per quanto mi riguarda, poi passare oltre.
      Tutti i giorni, in ogni tappa, rimanevamo a bocca aperta davanti a quello che avevamo la possibilità di ammirare e lo Utah, in particolare, è uno dei luoghi più belli e spettacolari che abbia mai visto (e, lì sì) dove tornerei anche ora. Però alla fine ho avuto bisogno di staccare, di salutare il “Nuovo Mondo” e di pensare a noi in Europa o, come vorrei tanto, in Africa. Il 2020 vorrei dedicarlo a questo…
      Per gli altri post, sono pronti ma devo ancora scegliere le foto… Conto di fare a brevissimo, se la mia incapacità tecnologica per la migrazione del blog non mi si mette di nuovo di traverso. Già ho visto una cosa che non doveva esserci e non so come toglierla….. Che impedita!!! 😝

  2. Mi ero persa questo posto l’altro giorno ma immagino sia dovuto al problema di cui hai scritto su Instagram e che spero si sia risolto. In ogni caso mi sono iscritta alla newsletter così non mi perdo nulla!
    Questo viaggio piacerebbe anche a me, ma se proprio dovessi partire domani, allora sceglierei quello che hai fatto l’anno scorso lungo la Pacific North West Coast, che mi sa che è più nelle mie corde.
    Comunque immagino che anche l’emozione e la malinconia legata al fatto di aver intrapreso questo viaggio nei posti sognati dal tuo papà abbiano giocato una parte importante.
    Ora vado a leggere anche l’altro articolo.

    1. È un viaggio da fare, Silvia ma, come te, quello dello scorso anno è molto più vicino al mio ideale di perfezione che dovrebbe avere un luogo.

      Per carità… abbiamo visto dei paesaggi pazzeschi e percorso strade che sono tra le più belle al mondo, ma l’oceano….. Sai quanto mi sia mancato l’oceano impetuoso?!?

      Me ne sono accorta a San Diego che dovrebbe essere una delle città più soleggiate degli States e che invece non ci ha dato mezza giornata di tregua dal maltempo…. Grazie a Dio!!!
      Quelle onde, quel profumo di salsedine, quel rumore che fa il mare quando incontra la spiaggia e la devasta…

      L’oceano è il segreto. Io l’ho capito solo quest’anno…

      Un abbraccio grande,
      Elena

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