USA South West: ogni giorno, in poche righe e qualche foto

Dell’impressione generale legata al nostro viaggio estivo ve ne ho già parlato qui e presto seguirà un articolo con l’itinerario di viaggio e qualche consiglio pratico per chi stesse pensando di visitare questa zona degli Stati Uniti, ma questo è il diario di viaggio scritto giorno per giorno (o dovrei scrivere “sera per sera”) durante il nostro on the road.

Un concentrato di emozioni autentiche e immediate, senza il filtro del tempo che fa elaborare tutto il vissuto e ricalibra eventi e sensazioni.

GIORNO 1 – 13/09 – CHINO

Attraversare Los Angeles per andare dall’aeroporto a Chino è stata un’impresa. Eravamo svegli da quasi 24 ore e pensavo ci saremmo schiantati contro una delle centinaia di migliaia di auto che andavano nella nostra stessa direzione. E invece no, incredibilmente… Fa impressione vedere la città e l’agglomerato di comuni che fanno di Los Angeles la Los Angeles che abbiamo in mente. È bassissima e sterminata. Ti giri e ovunque vedi queste casette a uno o due piani e gli stradoni che dividono i centri cittadini. Dall’aereo intravedevamo le auto che sembravano tante piccole formichine in movimento. Per più di un’ora tra il rent car e il nostro primo alloggio di questo on the road, formichine lo siamo stati anche noi… Chissà se qualcuno ci ha notati da un aereo in transito?!?

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GIORNO 2 – 14/09 – LAS VEGAS

Giornata impegnativa, considerando che, a causa del jet lag, è iniziata alle 2 del mattino. Alle 6.30 eravamo già in viaggio per il Nevada. Siamo arrivati alle Seven Magic Mountains all’orario peggiore, verso le 12, ovvero quando il sole ti colpisce legnandoti a morte. A parte la stranezza di quelle rocce colorate una sopra l’altra nel bel mezzo del nulla, a essere stato magnifico era il panorama che le circondava: alberi di yucca, sabbia, pietre e in lontananza una ferrovia dove ogni tanto passavano dei treni senza fine. Uno spettacolo incredibile.

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Las Vegas è la città della follia, dicono. Saranno i 43° alle sette di sera a dare alla testa o tutti quei neon lampeggianti che farebbero venire delle crisi epilettiche a chiunque?!?

Fede era esausto, io meno, ma mi sono fermata volentieri in piscina, con i piedi a mollo, in attesa della serata, sperando di reggere e di non addormentarmi da qualche parte sulla Strip tra una roulette e un tavolo da black jack, che poi io non so neanche come si gioca con le slot machines…

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GIORNO 3 – 15/09 – LAS VEGAS

La giornata dell’acqua.

Acqua come quella del Lake Mead formato dalla Diga di Hoover. Acqua come le mie lacrime durante il viaggio tra LV e la diga (lacrime dovute alla stanchezza, alla notte particolarmente pesante e agli ormoni impazziti per il ritardo del ciclo, alla paura di vedere la Hoover Dam perché sono TERRORIZZATA dalle dighe! Ma quanto ho pianto?!?).

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E poi acqua dello spettacolo del Cirque du Soleil, così meraviglioso e coinvolgente che l’avrei rivisto immediatamente, perché sicuramente ho perso dei particolari mentre ne stavo osservando degli altri.

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E infine acqua delle fontane del Bellagio. Forse non è niente di che perché ero già preparata, ma la musica in sottofondo di Marylin Monroe e quei giochi di luce a ritmo sono stati la degna conclusione di una giornata difficile ma piena di cose belle.

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Dopo due giorni di caos totale, però, necessito di pace e spero di trovarla da qualche parte tra un canyon di roccia infuocata o un deserto di sabbia dorata.

GIORNO 4 – 16/09 – BRYCE

“Via da Las Vegas”… È così che avrei potuto chiamare questa giornata. Bella, bellissima. Ho visto delle cose che da sole sono valse il viaggio: l’attraversamento dello Zion, quella vallata pazzesca piena di fattorie e pascoli, il Bryce Canyon…

Stupenda.

Fotografare l’arenaria rossa punteggiata in ogni dove di alberi verdi dello Zion o passeggiare nel canyon del Navajo Trail è stato commovente.

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Il Virgin River ci ha accompagnato a ogni svolta come un caro amico che ti tiene compagnia per parte di un viaggio…

Sono fisicamente stanca per il trekking e le ore in auto, ma sono felice di aver visto ciò che ho visto. Sul balconcino della nostra camera nel Lodge at Bryce Canyon ci sono silenzio e luci bassissime. Se penso al giorno precedente… Cara Las Vegas, sei da vedere almeno una volta nella vita, ma non penso proprio che mi mancherai.

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GIORNO 5 – 17/09 – MOAB

Abbiamo visto l’alba al Bryce View e poi siamo partiti.

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Solo le due strade (UT 12 e 24) valgono il viaggio.

Con il senno di poi, solo lo Utah vale il viaggio!

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Abbiamo attraversato l’Escalante Grandstarcase National Monument, poi il Capitol Reef National Park, poi una landa desolata dove avrebbero potuto tranquillamente simulare l’ammaraggio sulla luna, dopo una sorta di gigantesca prateria che mi ha fatto immaginare di trovarmi in Montana o in Wyoming (anche se non ci sono stata e quindi potrebbero essere tutta un’altra storia…) e infine siamo arrivati a Canyonlands.

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Incredibile.

Non sono sicura di essere in grado di descrivere a parole quello che ho provato guardando il panorama dal Grand View Overlook di Island in the Sky. Sembrava che una mano tipo quella fotografata da Salgado (che in realtà è una zampa di iguana) avesse spaccato il terreno, segnandolo per l’eternità. E tutto attorno, tra un canyon e un altro, c’era questa pianura di colore verdino forse per gli arbusti, forse per il colore della roccia, forse per l’erba, non lo so… comunque attraversata da un reticolo di delicati e piccoli sentieri, prova che qualcuno ha osato avvicinarsi a quelle ferite nel terreno e ci ha camminato in mezzo. Abbiamo osservato a lungo, in silenzio, quello spettacolo perché nessuna parola avrebbe potuto rendere giustizia a quanto avevamo davanti a noi.

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Per finire la giornata siamo corsi come dei pazzi al Dead Horse Point Overlook per vedere il tramonto. Finalmente, dopo i tanti fiumi che ci hanno fatto compagnia durante la giornata (l’Escalante – di cui ho toccato l’acqua -, il Fremont a Capitol Reef e il Green River), abbiamo visto il Colorado River in uno dei suoi più famosi punti panoramici.

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Alba al Bryce e tramonto al Dead Horse. Giornata interessante!

GIORNO 6 – 18/09 – MOAB

Superare i propri limiti o scoprire che in realtà sono molto più alti di quelli che ti eri preventivamente attribuita?!? Questo è stato il dilemma della giornata.

Avremmo dovuto visitare Arches facendo dei trail classificati come “easy”, degni dei migliori pensionati treppiedi muniti, ma ci siamo così emozionati per la bellezza del luogo che… siamo andati avanti! Sì, è proprio giusto definire così ciò che abbiamo fatto! Siamo arrivati al Landscape Arch, nel Devil’s Garden, che ancora la temperatura era fresca. Bello, bellissimo…

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Dicono sia l’arco più lungo del mondo ma anche il più delicato, e che tra qualche anno potrebbe non esserci più perché continua ad assottigliarsi (noi intanto lo abbiamo visto! Tiè!) e, contro ogni previsione, Fede (probabilmente in quel momento posseduto dallo spirito di Messner) mi ha proposto di proseguire per il Double O Arch, segnalato invece come “difficult” oltre che “quite dangerous”. Ma chissenefrega. Se devo farmi del male, almeno lo faccio gloriosamente in uno dei Parchi americani più belli.

Il trekking è in piccola parte in costa su una roccia liscissima con strapiombi ai lati. Niente di catastrofico, ma per una che fatica a camminare sugli scogli in riviera romagnola, terrorizzandosi e frignando a ogni passaggio tra un pietrone e l’altro, non è la situazione ideale. Ma cazzo, siamo arrivati su e io sono riuscita anche a conservare la dignità non piagnucolando, non sedendomi per scivolare sul mio grosso sedere a ogni tratto di discesa dalle rocce e, udite udite, dispensando anche consigli a chi, durante il nostro ritorno al parcheggio, arrivava in senso opposto. Sembravo una esperta hiker!

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Ci abbiamo preso così tanto gusto che abbiamo deciso di affrontare anche il Delicate Arch Trail per arrivare al simbolo dello Stato dello Utah. Quasi 5 km la cui andata è tutta costantemente in salita, in completo sole, senza neanche un arbusto di 10 cm a fare ombra e su un costone di roccia in pendenza. Quando siamo arrivati in cima, dopo diecimilamille pause, con vecchietti e disabili che ci sorpassavano dicendoci cose per motivarci a resistere, ho pensato che se fossi crepata per un’insolazione lungo la strada ne sarebbe valsa la pena.

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E invece no! Stavo morendo, sì, ma cadendo dentro a un burrone proprio negli ultimi 10 m per arrivare a toccare l’arco. Ma quando ci sono arrivata, cazzarola, nonostante il vento che ci portava via, nonostante lo strapiombo che vedi solo una volta che sei lì sotto e che mi ha fatto cagare addosso anche se non soffro di vertigini, nonostante il mondo intero di turisti volesse che mi levassi dalle palle per fare delle foto senza la mia graziosa presenza nel mezzo, io mi sono presa il mio tempo, ho toccato entrambi gli estremi che formano la struttura e me lo sono goduto come meritavo.

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Puoi vedere tutte le foto che vuoi del Delicate Arch, ma nessuna di essere ti preparerà mai allo spettacolo che offre all’ora del tramonto. Fantastico!

Uno dei momenti più emozionanti della mia vita!

GIORNO 7 – 19/09 – DURANGO

Volevo aspettare un po’ a scrivere di questo giorno perché è stato pesantissimo. Lasciare Moab e il nostro adorabile lodge mi ha fatto male. Siamo arrivati in Colorado e i trails con i ranger a Mesa Verde erano già tutti sold out. Per di più il clima era stranissimo: faceva molto più freddo di Moab (direi quasi 10 gradi di escursione), il cielo lasciava intendere che presto sarebbe venuto giù il diluvio e io non stavo troppo bene. Abbiamo visto da lontano le rovine del Cliff Palace e poi siamo “scappati” in hotel a Durango.

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La cosa più bella di Mesa Verde è stato vedere l’altopiano dove nel 2005 tutto era bruciato (e che ancora conserva i tronchi morti che sembra di stare alla Deadvlei in Namibia) che pian piano rifiorisce di giallo… Davvero impressionante pensare che anche in un luogo dove tutto è stato carbonizzato la vita ancora cerchi di vincere!

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Siamo arrivati a pelo al nostro motel e il cielo ha buttato giù secchiate d’acqua. Ci siamo riposati per un’oretta guardando video stupidi su internet facendoci quattro risate per esorcizzare la delusione del non aver potuto visitare la Balcony House e lo sfinimento e poi ci abbiamo provato: volevamo arrivare a Silverton lungo la splendida US550 ma ha iniziato a piovere (grandinare, per l’esattezza) e faceva un freddo becco. Siamo arrivati a solo a metà strada ma in un panorama da cartolina impreziosito ancora di più dal cielo al tramonto in cui sprazzi di luce erano lasciati liberi di emergere dalle nubi imponenti e minacciose.

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GIORNO 8 – 20/09 – MONUMENT VALLEY

Per descrivere la Monument Valley basta il suo nome. È veramente la frontiera del selvaggio west come viene mostrata nei film di Ford e Wayne ed è comprensibile che sia stata usata per tanti set di film di cowboy e indiani.

È imponente, impressionante e insieme così quieta che le jeep scoperte piene di turisti in gita di gruppo non riescono ad alterarne la bellezza. Le sue buttes più famose ripagano dei milioni di km fatti per raggiungerla e vederla al tramonto e poi all’alba direttamente dal balconcino attrezzatissimo del The View Hotel è stato uno dei momenti più intensi e splendidi di questo viaggio.

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Non so dire se siamo ai livelli dei Parchi di Moab perché sono completamente diversi, ma so di certo che, insieme alle bellezze naturali della cittadina dello Utah, anche la Monument Valley rimarrà tra i miei “best of” di sempre.

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Una menzione speciale va al più piccolo e meno famoso Goosenecks State Park. Avevo letto della sua magnificenza sulla mia infallibile guida e avevo cercato alcune immagini su internet, ma la potenza del fiume e del vento in quel punto panoramico non sono niente se non vengono viste dal vivo.

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GIORNO 9 – 21/09 – PAGE

Che giornata pazzesca: anche oggi l’alba e il tramonto hanno regalato emozioni sconvolgenti. L’alba sulla Monument Valley vista dal nostro letto mentre facevamo colazione è stata il preludio di una giornata piena di visite e momenti speciali.

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Venire via dal The View è stato difficilissimo. Non riuscivamo a uscire dalla stanza. L’abbiamo osservata un istante prima di chiuderci la porta alle spalle e l’abbiamo ringraziata per la bellezza a cui ha fatto da cornice.

La strada verso Page è una prateria sterminata che in poco meno di due ore ci ha trasportato in un panorama completamente diverso.

La visita al Lower Antelope è qualcosa che rifarei anche ora, che sto scrivendo a poche ore distanza da quando l’ho lasciato. I colori, la luce del sole che filtra, la sensazione della pietra sotto le proprie mani, la sabbia sotto ai piedi e quel canyon a tratti così stretto che dietro ogni roccia ti lascia a bocca aperta è stata una vera rivelazione. Come molti altri luoghi di cui ho raccontato in queste righe buttate giù a caldo, nessuna foto su internet e nessuna recensione può prepararti allo slot canyon più famoso del mondo.

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Dopo una giornata così, non potevamo non chiudere in strabiliante bellezza: ci siamo regalati il tramonto all’Horseshoe Bend. Ci siamo seduti su una roccia proprio davanti (e sopra!) alla curva che fa il Colorado e abbiamo atteso pazientemente di vedere il sole scomparire all’orizzonte.

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Eravamo circondati da così tanta gente che sembrava di stare a Gardaland in fila per le montagne russe in un week end d’estate, eppure ci siamo ritagliati il nostro spazio e non lo abbiamo più lasciato fino a che il sole non è scomparso. Solo allora ci siamo alzati e in silenzio, mano nella mano, siamo venuti via.

GIORNO 10 – 22/09 – GRAND CANYON

È molto difficile fotografare il Grand Canyon, figuriamoci descriverlo.

È talmente immenso che ti spiazza e non riesci a farti un’opinione finché non ti prendi una pausa dall’affanno di voler vedere tutti i punti panoramici del mondo e di correre qua e là alla caccia dello scatto perfetto. Parliamoci chiaramente: ritrarlo in una fotografia è complicatissimo quindi, prima ci si arrende all’evidenza e lo si gode senza perdersi dietro ad aspirazioni artistiche, e meglio è.

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Vedere questo Parco dopo aver visto Canyonlands non è forse la stessa cosa che vederlo per primo. Colpisce per la sua immensità, ma il cugino di Moab mi ha così tanto stregata che tutto sommato questo mi è piaciuto ma non è scattata la scintilla che, immagino, incendi molti.

Santo Cielo, si è nel Parco forse più famoso al mondo e a te non piace, Elena?!? Sei in vena di bestemmie?!?

No, assolutamente. Non era ciò che volevo dire ma non mi sentivo coinvolta come lo sembravano tanti altri attorno a me. Sono rimasta più colpita da alcuni particolari (la fauna che lo abita, gli scorci sul Bright Angels Canyon, la perfetta organizzazione del National Service) che non dalla vastità del panorama.

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Alla fine abbiamo trovato il nostro punto preferito e abbiamo aspettato il tramonto. Lì ho compreso la bellezza del luogo. Nonostante la sua enormità, in quel momento, in un’ora in cui la massa dei turisti inizia a diradarsi, in un luogo meno frequentato del Rim, mi sono sentita pienamente conquistata.

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GIORNO 11 – 23/09 – SEDONA

Che giornata assurda!

Siamo venuti via dal Grand Canyon e il tempo non lasciava presagire nulla di buono.

Siamo arrivati a Flagstaff, che avremmo dovuto superare in direzione sud, e invece l’est con un National Monument poco conosciuto ci ha attirato verso di sé.

Il Sunset Crater è in un territorio pieno di vulcani creatisi migliaia di anni fa che hanno trasformato completamente quest’area e l’hanno resa così assurda che è proprio qui dove sono state fatte le prove per l’ammaraggio sulla Luna dell’equipaggio e dei mezzi di esplorazione dell’Apollo 11. Sticazzi, direi!

La pioggia che scendeva a secchiate e senza sosta, se da un lato ha portato con sé un freddo polare (8 cazzo di gradi! 8… e noi eravamo pronti per il trekking nell’arido deserto dell’altrettanto arida Arizona del nord), dall’altro ha esaltato i colori di quello spettacolo incredibile che si è mostrato ai nostri occhi: il nero del terreno era proprio nero e il verde delle piante che stanno piano piano ricrescendo era il verde più intenso che abbia mai visto.

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Avevo tanta paura che lasciando il Grand Canyon non avremmo più avuto cose così spettacolari da vedere, ma questa visita ha battuto molte altre che l’hanno preceduta, anche in luoghi ben più blasonati e famosi.

Umidi e intirizziti, ci siamo concessi un giro nel centro della carinissima Flagstaff, qualche scatto lungo la splendida AZ89A e di rintanarci a letto alle otto di sera nel nostro agghiacciante motel nell’assurda Sedona.

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La fine del viaggio on the road inizia ad avvicinarsi portandosi con sé il bagaglio di stanchezza ed emozioni di quanto vissuto fino adesso.

GIORNO 12 – 24/09 – KINGDOM

Dopo una mattina dedicata alla visita dei parchi statali nei pressi di Sedona, ci siamo spostati verso Kingdom che abbiamo superato per raggiungere Oatman, lungo un tratto della famosa e mitica Route 66.

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Pur sapendo che Oatman si sarebbe rivelata una trappola per turisti e che l’ex città fantasma forse è morta più in dignità che in attività, la breve ma lenta e contorta strada che ti porta fino a lì vale davvero il viaggio.

Prima si passa per una landa desolata dove ogni tanto si incrociano strade sterrate che portano non si sa ben dove; dal nulla spuntano file interminabili di cassette della posta di cui proprio non riesco a capacitarmi dell’esistenza e della localizzazione e infine ci sono dei meravigliosi asinelli semiselvatici che a sorpresa attraversano la strada con tutta la pacatezza del pianeta. Abitano quei territori da decenni, perché dovrebbero mettersi fretta proprio ora?!?

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Il panorama, il cielo, i colori, la desolazione di ciò che sta attorno alla tua auto ripaga della visita all’insulsa Oatman e pure dell’incazzatura di vedere il solito turista coglione (fortunatamente non italiano, magra consolazione) che dà da mangiare ai ciuchini nonostante ovunque ci siano divieti che spiegano che, per il benessere degli animali stessi, è vietato dar loro cibo. Ma una foto ricordo attorniata da queste adorabili bestiole, a cui fondamentalmente stai arrecando danno, vale mille volte di più che un grammo di cervello, no?!?

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GIORNO 13 – 25/09 – 29PALMS

Il momento più eclatante di questa nostra ultima tappa dell’on the road ha rischiato di essere la mia scivolata, completamente vestita, nel Colorado River dovuta al fatto che sono rimbambita e che non ascolto mai quella vocina nella testa che mi dice “Elena, stai per fare una bella cazzata…”.

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Invece, momento epico ed esilarante a parte, il Joshua Tree ci ha assorbito completamente (e le mie scarpe, ancora fradice per il bagno non preventivato, hanno “assorbito” pure un simpaticissimo bulbo spinoso di un Cholla Cactus – una vera meraviglia della natura).

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A parte le belle montagne all’orizzonte, le strane collinette fatte di massi dalla forma completamente stondata e panorami mozzafiato, la vera star del parco sono le distese infinite di Joshua Tree (o alberi di yucca) che controluce sembrano gigantesche mani protese verso il cielo.

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Le sagome di queste meraviglie ti accompagnano durante tutto il loop della Hidden Valley Road e nei facili trekking consigliati dai ranger del visitor center.

Ma il più grande regalo ricevuto da questo territorio è stato salutare la parte di viaggio dedicata ai Parchi del South West accompagnati dal miglior tramonto che ricordo di aver mai visto. Tutto era vivido, tutto era saturo. Il sole stava scomparendo all’orizzonte ma non prima di rendere tutto quanto ci circondava infuocato, e lì, le mani protese verso l’infinito delle piante di yucca hanno raggiunto ai nostri occhi un grado di misticismo mai avvertito prima.

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GIORNO 14 – 26/09 -SAN DIEGO

Lasciamo il deserto, le praterie sconfinate, le montagne… Lasciamo tutto ciò che sa di polvere, sabbia, silenzio e quiete ed entriamo a San Diego. La “Sunny City”, la punta più bassa della costa ovest degli States, ci accoglie con nuvole e pioggia ma finalmente io vedo l’oceano che, dal Tide Pool Trail del Cabrillo National Monument, mi sembra ancora più impetuoso e potente del solito. Solo ora mi accorgo di quanto mi sia mancato, sì, proprio a me che con il mare ho una relazione complicata… Boh. Il Pacifico forse è la mia Terra Promessa, l’orizzonte che vado cercando senza saperlo.

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Dopo quattordici giorni di viaggio, splendido viaggio in splendidi luoghi, io mi sento finalmente tornata a casa.

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GIORNO 15 – 27/09 – SAN DIEGO

Il Balboa Park è una figata pazzesca!

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Il posto si è rivelato mooolto più bello del previsto, o almeno del previsto da me e quando è uscito il sole è stato difficile lasciarlo.

Un concentrato di arte, scienza, storia, svago, ristorazione in un’area gigantesca in cui abbiamo trascorso l’intera giornata.

Pensavamo ci saremmo annoiati dopo le prime due attrazioni che ci interessava visitare (il Mopa, uno spazio espositivo dedicato alla fotografia, e i Botanic Garden) e invece il parco stesso è la vera attrazione.

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Dopo innumerevoli limonate e un po’ di sano people watching – cosa in cui abbiamo una laurea ad honorem, oltre che un talento naturale – siamo scappati in direzione del nostro favoloso motel. Anzi… in direzione jacuzzi con vista per l’ennesimo tramonto indimenticabile.

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GIORNO 16 – 28/09 – SAN DIEGO

Un’altro giorno dedicato all’acqua: prima la visita alla USS Midway e poi la passeggiata sulla spiaggia a Coronado.

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Interessante la prima, emozionante la seconda.

Abbiamo giocato come bambini sul bagnasciuga fino a stancarci, scattato foto, fatto video, camminato fino ad arrivare all’imponente Hotel Coronado di cui la guida parlava come un qualcosa da vedere e, in effetti, non mi sento di darle torto.

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In uno dei suoi bar sulla spiaggia, abbiamo bevuto un thè freddo e salutato questo viaggio come meritava facessimo: nel mezzo della bellezza più assoluta, in una cornice degna di un film o di una serie tv dove le interminabili spiagge californiane sono le vere protagoniste.

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GIORNO 17 – 29/09 – LOS ANGELES

A me di Los Angeles interessava vedere solo una cosa: i Venice Canals. Visitati quelli, per me possiamo dire di aver visitato tutta la città.

Ricordo di averli scorti per la prima volta in un film romantico di cui non ricordo né il titolo, né la trama, né gli attori. So solo che in quell’occasione ho scoperto l’esistenza di questo posto e ho deciso che prima o poi ci sarei andata di persona.

E così oggi, prima di arrivare in aeroporto a L.A. con le nostre abituali 5 ore in media di anticipo, ho raggiunto il mio scopo.

Un luogo meraviglioso in una città di cui non mi interessa assolutamente nulla.

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Scegliere, è questa la chiave.

Scegliere come passare il proprio tempo, le persone con cui farlo, le cose che si vogliono imparare a fare e, per chi ama viaggiare, i luoghi che si vogliono visitare. Io ho scelto! Ho scelto di chiudere quest’avventura proprio qui, prima di lasciare la nostra auto che ci ha portato a zonzo per 4.801 km in poco più di due settimane e di imbarcarci per il volo che ci riporterà in Italia.

Non vedo l’ora di tornare per riabbracciare i miei gatti, disfare la valigia e prepararne un’altra perché presto si parte di nuovo…

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Viaggiatrice povera, fotografa inesperta, pasticciona tecnologica, gattodipendente. Rifletto sul senso della vita e raccolgo dettagli che fanno la differenza. Ricordi, impressioni, immagini, incontri.

13 Comments

    1. Vero, verissimo, ma quello dello scorso anno tra Seattle e San Francisco mi è rimasto così tanto nel cuore che quello di quest’anno mi ha colpito meno.

      Dovrò ritornarci per verificare meglio, che dici? 😉

      1. Credo che l’America necessiti di più viaggi. Io quest’anno son stata un paio di settimane in Canada e dal pubto di vista naturalistico è bellissimo. Ma per il resto no. I paesi attorno a Toronto fatti di casette tutte simili, grandissime case semivuote e gente che soffre di solitudine. Ho visto un Canada ancora in piena costruzione ma il lato umano è sempre quello trascurato ovviamente a favore del lato economico.

  1. Mamma mia, quante emozioni in un unico viaggio! Ora capisco quello che hai scritto nell’articolo precedente quando hai detto che per te era “too much”. Lo sarebbe anche per me. Tutta questa bellezza in pochi giorni deve essere difficile da “digerire”. Il Lower Antelope, il Grand Canyon: wow.
    San Diego mi ispira veramente tantissimo, al punto che ci sto facendo un pensierino per il prossimo anno, magari tornando anche a San Francisco, ma in realtà “ci sto facendo un pensierino” a tantissimi posti 😉

    1. Conosco quei “pensierini” che si fanno….. Sono pericolosissimi….

      Il Lower Antelope e il Grand Canyon sono pazzeschi ma, fidati, nulla è in grado di competere con lo Utah. Ecco, al viaggio dello scorso anno per essere la perfezione assoluta ci avrei dovuto aggiungere lo Utah. Uno dei posti più belli che abbia mai visto. Il Bryce, Canyonlands e Arches mi hanno emozionata 3000 volte più dei parchi dell’Arizona.

      E poi… Lo Yoshua Tree… A pensare a quel tramonto ancora mi vengono le lacrime agli occhi…..

      1. Un viaggio pazzesco Elena e adesso anch’io, come Silvia, capisco meglio il significato del precedente articolo. Davvero tanta, forse troppa roba (e bellezza) da metabolizzare in pochi giorni! Dei posti che avete visitato conosco solo Las Vegas, che abbiamo adorato, anzi, ci è rimasto il rimpianto di averci dormito una sola notte, Los Angeles, che non mi è piaciuta affatto (a Valerio invece sì) e San Diego, dove penso prenderei residenza per quanto mi è piaciuta quella sua aria leggera e vacanziera. Un giro tra Utah e Arizona è nei nostri travel dreams da sempre… Chissà se la prossima estate ce la faremo a realizzarlo 😉
        Ciao Elena,
        Buon weekend 😘

    1. Aggiungiamoli… Dopo Natale potrebbe andare bene? Sarà anche il momento di quagliare con la prenotazione per dove sai tu…. Vi voglio belli in forma e convinti per intortare su Federico…. Capisciamme!

  2. Sono passati 10 anni dal mio viaggio in questo angolo di mondo “too much” e.. ed è ancora esattamente al centro del cuore. Mi hai fatta sognare con le tue parole, mi hai riportata in posti visti ed in altri di cui mi rodo le mani per non esserci stata. Ma su una cosa ti ho invidiata come non mai: per la tua foto al delicate arch. Breve storia triste: Anche io avevo una foto (non bella come la tua) da lontano – la sera in camera la mia amica stava riguardando le foto – io ero vestita color salvia e grigio – la mia foto era leggermente storta rispetto a quella senza di me. Io ero mimetizzata, la mia amica ha cancellato la mia foto. Stop.

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