A Gibilterra si prende un taxi!

Non fate come me: a Gibilterra attrezzatevi con un taxi che vi porti dove volete e che vi aspetti durante le visite alle numerose attrazioni.

Bella la funicolare!!! Esperienza carina, indubbiamente, che dura 10 minuti e che costa € 30 (andata e ritorno) ma una volta arrivati in cima, ovunque voi vogliate andare, i cartelli turistici non indicano nulla di visitabile al di sotto di 2,5 km di cammino. E in cima, quando vi accorgerete dell’immensa idiozia che avete fatto, non ci sarà nessun taxi libero da affittare e sarà troppo tardi per rimediare.

Ora, probabilmente la mia pazientissima compagna di viaggio ed io eravamo particolarmente stanche… lei si era già giocata (‘macerata’ è il termine più azzeccato) i piedi con un paio di All Star quanto mai inadatte alle lunghe camminate, io ero stremata dall’antibiotico preso prima di partire per una brutta infezione e il caldo di luglio non aiutava affatto, ma la visita alla Rocca sarebbe stata in ogni caso impegnativa per chiunque senza un buon allenamento.

Non si sta parlando di scalare l’Everest o di nuotare nel Mekong sopravvivendo a coccodrilli, correnti impetuose e pantegane così grandi da essere scambiate per zattere, ma la cima di Gibilterra è il punto centrale di tutto e le principali attrazioni per cui si va fin lì sono dislocate un po’ da un lato e un po’ dall’altro. Ne consegue che per vedere le cose più interessanti è inevitabile fare sue e giù, avanti e indietro, per un bel po’ di volte.

Colte dalla particolarità del luogo (diciamocelo, non è normale essere in lembicciolo di terra che sembra Covent Garden con una montagna nel centro, che si raggiunge attraversando la pista di un aeroporto tipo passaggio a livello ferroviario – ma che che quando scendono le sbarre e suona la sirena non si deve sgombrare velocemente perché arriva il treno, bensì perché atterra un aereo – e dove tutti parlano spagnolo ma indossano la divisa di Scotland Yard!!!!!!) ci eravamo ‘dimenticate’ di documentarci su come spostarci una volta abbandonata la Cable Car.

Dopo qualche foto al meraviglioso panorama e alle terribili scimmie che abitano la penisola, ci siamo incamminate verso la prima attrazione, la St. Michael’s Cave (una delle 100 caverne presenti nel territorio). Strada facendo i piedi della mia compagna di viaggio hanno iniziato a boicottare la nostra giornata, l’afa e la consapevolezza di essere le uniche pazze a tentare l’impresa (ma va?!?!? chissà come mai?!?), ci hanno dato il colpo di grazia. Ci siamo fermate, abbiamo tergiversato un po’ parlando del più e del meno (la conversazione non è stata delle più brillanti perché eravamo circondate da scimmie assetate di snack dei turisti che saltellavano amabilmente qua e là!) e abbiamo fatto qualche foto al paesaggio giusto per rimandare il momento in cui ricominciare a camminare. Poi, non potendo prendere residenza lì, abbiamo fatto la cosa più logica: ci siamo fatte cogliere entrambe da una crisi di panico!!!

Eravamo così visibilmente disperate che finalmente un pulmino di passaggio con a bordo un tassista e una coppia di turisti americani, si è fermato per chiederci se andasse tutto bene e avessimo bisogno di aiuto.

Le nostre espressioni affrante e la camminata trascinata e un po’ zoppicante devono aver fatto molto più colpo del sex appeal di due giovani donne italiane in terra straniera, tanto che il tassista, tale Angelo (e mai nome fu più appropriato), si è offerto di darci un passaggio fino alla prima tappa dei suoi clienti, diventando per noi come Clark Kent per Lois Lane, ‘V’ per Ivy,  Shrek per Fiona, il foglietto Salvacolori per la biancheria in un lavaggio sbagliato….

Così è iniziato il nostro vero giro a Gibilterra.

La ‘prima tappa’ si è trasformata nel giro completo con la sola condizione di adeguarci totalmente all’itinerario stabilito dagli americani, i quali avrebbero potuto decidere di intraprendere una seconda scellerata guerra in Vietnam che tanto noi, per quel giorno, saremmo andate con loro ovunque il loro mezzo di trasporto li avesse portati!!!

Appiccicate a loro per non rischiare di perderli di vista, ci siamo godute la giornata e quello strano, incredibile luogo, che ha visto trasformare una disavventura in una divertente esperienza da ricordare e raccontare.

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Viaggiatrice povera, fotografa inesperta, pasticciona tecnologica, gattodipendente. Rifletto sul senso della vita e raccolgo dettagli che fanno la differenza. Ricordi, impressioni, immagini, incontri.

No Comments

  1. Concordo. Sono quelle situazioni in cui prendi seriamente in considerazione l’idea di vivere in mezzo alla natura. Guardi i boschi e ti dici: “Beh, dai… magari mi fermo qui.”
    In realtà è la stanchezza e il calo di zuccheri che ti fa straparlare.

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